Se mi vesto in modo estremamente provocante, se posto foto erotiche in lingerie, se faccio un video in cui stappo una bottiglia di champagne e mi faccio colare la schiuma tra i seni… sono meno femminista?
Lottiamo da anni contro lo “stigma della puttana” e ripetiamo con forza che l’autodeterminazione è importante: il corpo è nostro, decidiamo noi che farne, come trattarlo, come vestirlo.
Ribadiamo con insistenza il concetto che in nessun modo le nostre scelte estetiche devono implicare un pregiudizio sulla persona, che mai il nostro aspetto deve far presumere un consenso sessuale.
Su questo siamo tutte d’accordo, non c’è discussione.
Ma se le nostre scelte estetiche sono orientate a compiacere l’immaginario erotico maschile, se quello che interpretiamo con “faccio quello che mi piace” è in realtà un “mi piace avere la loro approvazione”, stiamo davvero compiendo un atto di libertà?
Su questo punto non siamo più tutte d’accordo, la discussione è aperta.
Alcune sostengono che le donne debbano essere libere di assecondare la propria volontà SENZA “SE” E SENZA “MA”, anche se la volontà è quella di erotizzarsi, rendere il proprio corpo un oggetto sessuale.
È l’uomo a dover lavorare sulla propria capacità di gestire la malizia, di controllarsi. Perché il problema è negli occhi di chi guarda.
Inoltre prendere un cliché – la gattina sexy – e farlo proprio, rivendicando la scelta estetica con orgoglio può essere un modo per ribaltarne il significato, dalla sottomissione all’emancipazione.
C’è però il rischio, che sventolando la bandiera dell’autodeterminazione, facciamo rientrare dalla finestra il maschilismo che abbiamo appena accompagnato alla porta.
Cosa rende allettante una scelta estetica? Perché con le autoreggenti a vista mi sento sexy? Le scelte estetiche sono davvero un’opzione come un’altra o è ipocrita ignorarne il valore simbolico? Che peso ha l’approvazione che ricevo per il mio sex appeal? E perché allora l’uomo non adotta un atteggiamento corrispettivo, per compiacerci?
Ci hanno sempre insegnato che i maschi sono la parte vincente del mondo, quelli cool, divertenti, disinibiti e che le donne sono il lato più sfigato: pesanti, responsabili, noiose… persino frigide. E nessuno vuole stare dalla parte perdente del mondo.
Questo fa sì che spesso le donne rivendichino il diritto a far parte del gruppo dei forti ricercando accettazione da parte degli uomini, compiacendoli. Io non sono come le altre donne… sono come voi.
Il rischio che molte sottolineano è che con questi presupposti il femminismo faccia un carpiato all’indietro e finisca per rivendicare come emancipazione ciò che è in realtà un desiderio di approvazione maschile, una sottomissione al giudizio di chi conta di più in società.
L’erotismo è in fin dei conti proiezione di dinamiche della vita reale e dopo secoli di patriarcato non possiamo che essere influenzate da modelli maschili. Ciò non significa che le nostre fantasie non siano legittime, che il nostro desiderio di piacere sia sbagliato, ma non possiamo ignorare il contesto.
Molte ricercatrici stanno lanciando allarmi sul fatto che le adolescenti hanno una sessualità precoce, apparentemente disinibita ma in realtà estremamente problematica, sbilanciata sul compiacere le fantasie del maschio. E sempre più si abbassa l’età di chi chiede interventi di chirurgia plastica al seno o alla vagina, per avere un corpo conforme.
E stando a questi dati è importante interrogarsi e verificare quali messaggi stiano davvero recependo le nuove generazioni rispetto all’autodeterminazione, quanto questa costituisca reale libertà o non sia un modo per giustificare un assoggettamento ed eventualmente se servono degli interventi educativi, culturali, di supporto affinché il messaggio non venga travisato.
Abbiamo tutte una responsabilità collettiva. Questo non significa che se indossiamo la guêpiere per andare al supermercato siamo il male (ognuna fa quello che vuole, su questo c’è unanime accordo) o che per essere femministe si debba negare la femminilità, tutt’altro.
Ma è importante essere coscienti dei simboli che si abbracciano e “usarli” con consapevolezza.
Come sempre qui non prendiamo parti: quando le opinioni si polarizzano spesso finiscono per appiattirsi, perdono sfumature e vengono banalizzate.
È però importante una riflessione su questi temi: per se stesse, per la società, per i propri figli. Ognuna trarrà la proprie conclusioni e definirà meglio la propria identità, fuori dagli stereotipi.