Le femmine sono rosa e i maschi sono azzurri. Questo è il primo degli stereotipi con cui tutti facciamo i conti sin dalla nascita. Ma le aspettative legate al proprio sesso sono molte di più e ci influenzano quotidianamente: quale sport scegliere, quale lavoro, come curare il proprio corpo e le proprie emozioni… Si crea attorno a noi quello che il linguaggio teatrale definirebbe un canovaccio, ovvero la traccia per costruire il copione della propria vita.
Sono schemi che rischiano di penalizzare i desideri reali di uomini e donne, ma inconsciamente li accogliamo come strategie di adattamento alla società. Ecco quindi che gli uomini si vergognano di piangere e le donne si sentono in dovere di essere brave casalinghe e così via. Riconosciamo tutti che questi cliché nascono da un modello obsoleto, ma lo abbiamo talmente interiorizzato da non essere consapevoli di metterlo in pratica.
Questi stereotipi, peraltro, sono fortemente sessisti e trasformano le donne in carnefici di sé stesse, attraverso comportamenti giudicanti verso le altre e mettendo in atto una forma di sottomissione nei confronti degli uomini.
È importante riconoscere i sintomi di questa dinamica sociale per iniziare a scardinare gli automatismi che ci fanno diventare nemiche delle donne. Ecco quindi i comportamenti a cui fare attenzione.
AUTOINFLIGGERSI STEREOTIPI
“È terribile lavorare con le donne, si fanno la lotta tra loro, sono false, passano il tempo a accoltellarsi alle spalle. Molto meglio lavorare con gli uomini!”
“Ho solo amici maschi: mi trovo meglio, le donne sono pesanti”
Tutti hanno sentito frasi come queste almeno una volta nella vita. Probabilmente le hanno anche pronunciate. Chi legge in questo momento forse sta addirittura pensando “Beh, dai, ma è vero…”.
Eppure chiunque abbia frequentato un ambiente di lavoro sa che ci sono persone leali e sleali, collaborative o negative indipendentemente dal sesso. Tutti sappiamo che è possibile costruire team armonioso con altre donne o letale con colleghi uomini. E le donne sono capaci di amicizie profonde e di valore tanto quanto gli uomini…
Perché quindi cadiamo in questo imbarazzante stereotipo?
Intanto perché abbiamo fatto nostri dei luoghi comuni che ci portano a considerare l’essere “una dei maschi” come qualcosa di cui andare fiere. Essere come un uomo ci porrebbe ad un livello implicitamente superiore e quindi ci ritroviamo a voler sottolineare “che non siamo come le donne”.
Siamo poi portate a notare maggiormente i casi in cui le donne creano tensioni, perché li percepiamo come conferme di una opinione comune e liquidiamo invece come casi eccezionali gli episodi che coinvolgono gli uomini.
La stessa cosa succede anche quando siamo alla guida: probabilmente ci ritroviamo ad avere a che fare con pessimi piloti in tante circostanze, ma quando al volante c’è una donna lo sottolineiamo e rinforziamo lo stereotipo della donna imbranata.
VERGOGNARSI DELLE DONNE
Con io non sono come le altre donne si afferma che essere donna implica un pacchetto di caratteristiche negative, disprezzabili, dalle quali è importante prendere le distanze. Indica una supposta inferiorità del genere femminile rispetto a quello maschile, che sarebbe privo di tutti quei difetti sottointesi.
Questo atteggiamento è particolarmente insidioso perché coccola l’illusione, in chi lo applica, di essere particolarmente emancipata e quindi di avere “superato” personalmente il bisogno di femminismo. In realtà si dimostra proprio il contrario.
DENIGRARE IL FEMMINISMO
Spesso uomini e donne liquidano il femminismo come un movimento di rompiscatole frustrate che esagerano la propria condizione perché odiano gli uomini e vogliono quindi rovinare loro la vita.
Lo ritengono inutile perché sentono, nel proprio piccolo, di avere raggiunto un giusto equilibrio. Sono probabilmente gli stessi uomini che danno della “troia” al proprio capo, se è una donna, e le stesse donne che si lamentano del carico dei lavori domestici. Fingono di non sapere che le donne vengono penalizzate nella selezione del personale perché potrebbero avere dei figli (che sono figli anche degli uomini), che la sera non sono libere di girare per strada senza temere di essere importunate e così via.
Le donne che negano il bisogno di femminismo spesso sono in cerca di approvazione dal genere maschile, perché ambiscono a stare “dalla stessa parte dei forti”. È il sintomo di un complesso di inferiorità. Ma prendere le distanze dalle altre donne e dal femminismo dimostra quanto non ci si senta alla pari, in quanto femmine. Il messaggio sottointeso è che per essere in gamba bisogna essere (e pensare) “come un uomo”… che è esattamente il motivo per cui il femminismo è necessario.
INSINUARE “Chissà a chi l’ha data…”
Se una donna, magari carina, raggiunge una posizione di potere, nell’immaginario comune non ha quasi mai un merito reale, ma probabilmente si è ingraziata sessualmente qualcuno di potente.
È una abitudine aberrante, utile solo a sfogare la propria frustrazione per non essere stati capaci di costruire una strada altrettanto di successo. Ma soprattutto sottende ancora una volta il concetto che non è ragionevole pensare che una donna possa essere semplicemente competente. Cosa invece scontata quando la posizione di potere è occupata da un uomo.
DIVENTARE MORALIZZATRICI
Gli uomini spesso sviliscono una rivale alludendo a lacune nella sua moralità. Possono dare della “troia” a una semi sconosciuta, denigrare una collega accennando a favori sessuali di cui non hanno certezza, pur di mettere in dubbio i suoi successi professionali.
Le donne a volte reiterano questi comportamenti e diventano a loro volta moraliste e giudicanti con chi viola i codici di abbigliamento, chi gestisce la propria libertà sessuale con disinvoltura o chi dichiara scelte personali distanti dallo stereotipo della brava ragazza. È una forma di umiliazione dell’altro che avviene spesso con atteggiamenti passivo aggressivi, in cui si sottintende una sua carenza di morale.
Si chiama slut-shaming (traducibile con lo stigma della puttana) e i sociologi lo considerano “l’anticamera della cultura dello stupro” perché solleva il carnefice da parte della colpa, attribuendola alla vittima: beh, ma vestita così…

Considerate questi punti come i sintomi di una malattia.
È importante riconoscerli per estirpare il germe del maschilismo e fare una riflessione in coscienza sulla propria capacità di solidarietà femminile (o di supporto alle donne) fondamentale per costruire una società più libera per tutti. Buon lavoro…
vero, va detto che gli uomini sono competitivi tra loro quanto le donne
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