Basta chiedere…

Lui ha invitato gli amici a cena un giovedì sera. È trascorso tempo sufficiente dalle ultime pulizie perché ci sia un po’ di disordine, il frigorifero è quasi vuoto, uscite sempre tardi dall’ufficio e sai quindi che ci sarà poco tempo. Per questo la sera prima, dopo aver sistemato la cucina, passi l’aspirapolvere, carichi una lavatrice per svuotare la cesta strabordante e dare al bagno un aspetto più ordinato, rassetti gli oggetti che incontri sparsi per casa e ipotizzi un menu per la cena, segnandoti gli ingredienti che mancano e che puoi magari comprare l’indomani in pausa pranzo.

Ti sei fatta carico delle necessità. Questo lavoro silenzioso lo fai costantemente, come se avessi una partizione del cervello attiva, senza sosta, per registrare bisogni e risolvere mancanze. È quella molla che ti fa cambiare il rotolo della carta igienica quando finisce e ti spinge anche a controllare che non sia l’ultimo, per inserire la voce nella lista della spesa.

È una capacità manageriale, che ti fa anticipare i problemi prima che si presentino le criticità. Nella vita professionale avere nel team una risorsa con questa competenza è come vincere alla lotteria. Nella gestione della casa e della famiglia è invece una condanna: chi porta il peso di questa responsabilità è frustrato dall’assenza di supporto per un compito che assorbe continuamente attenzione e non ripaga nemmeno con un grazie, perché è un lavoro invisibile.

È persino una competenza traditrice perché quando, giunta allo stremo, reclami in malo modo l’aiuto del partner la risposta è disarmante, stupita, come se davvero fossi pazza a reagire in quel modo perché non sono stati stesi i panni in lavatrice. Che sarà mai, per una lavatrice…

Perché il problema è che l’altro non capisce il logoramento. L’altro ti vede solo sragionare per un bicchiere lasciato in sala, un paio di calzini appoggiati sulla libreria, una sistematina alla barba appena hai pulito il bagno… e non afferra cosa ci sia di così grave in quel singolo paio di scarpe lasciato in corridoio: devi proprio essere esaurita, non sai rilassarti, sei troppo fissata con le pulizie. Insomma, sei tu che sbagli.

Questo compito, il carico mentale, non è mai conteggiato nella “divisione a metà” dei lavori di casa, perché è intangibile. Quindi lui (o lei… ogni casa ha la sua storia) crede di fare il 50% e in realtà fa il 25%, perché conteggia l’esecuzione ma non la programmazione e, forte di questa convinzione, considera in difetto te, che sbrocchi per una cosa risolvibile in 1 minuto.

Forse è per questo che spesso si usa la parola aiutare: “mio marito aiuta in casa”, “io aiuto mia moglie”. Perché in fondo si da per scontato che l’onere gestionale sia in capo all’altra persona.

In effetti, non sarebbe più facile non avere questa competenza? Non accorgersi della cesta che straborda di biancheria sporca, non avere idea di dove siano i detersivi, gestire lo sparecchiamento in modo essenziale, togliendo solo stoviglie e posate ma ignorando il prosciutto lasciato aperto di fianco al lavandino, la lavastoviglie da svuotare e gli strofinacci sporchi da cambiare…

Quanto ti sentiresti spensierata se potessi guardare con occhi colmi di stupore il tuo compagno che impazzisce perché ancora una volta hai finito di bere l’acqua e hai lasciato la bottiglia vuota nel frigorifero?
Mamma mia che carattere che ha, per un po’ d’acqua… adesso la riempio, basta chiedere!

Illustrazione di Valentina Arveda

11 commenti

    1. Ilaria

      Quello del carico mentale è un problema molto sentito da chi nella coppia si fa carico della gestione domestica. C’è molta letteratura a riguardo, soprattutto tra i testi femministi. Ci sono uomini che, se lasciati soli coi figli, chiamano la moglie di continuo per chiedere passo passo le istruzioni d’uso. Per statistica le donne sentono questo problema molto più degli uomini, ma ad ogni modo non è solo un problema femminile.

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      1. unallegropessimista

        Sarà che sono anche uomo di casa, non mento basta leggere il mio blog e quello che racconto.
        Io e dolce consorte visto che lavoriamo entrambi ci siamo divisi i compiti in maniera naturale, è l’unico modo per sopravvivere.
        Lo facevo più un problema antico.
        Allora spero che sia solo un racconto, e che non sei così inguaiata.
        Un cordiale saluto.

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  1. Marco SognatoreFallito

    Credo che sia dovuto al fatto che la donna tiene di più alla “tana”.
    Cioè, anche l’uomo la pulirebbe, ma solo quando il pavimento arrivasse a essere talmente appiccicoso da sfilargli le scarpe. 🙂 Quindi la donna, che ha un livello di tolleranza più basso, parte prima dell’uomo a fare le pulizie.
    Poi quando le partono le mani non smette più.
    E l’uomo la guarda anche un po’ stupito, visto che per lui poteva ancora andar bene cosi’. insomma, finchè c’è birra e pizza va sempre bene.
    A proposito: un po’ di sesso stasera? 😀

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    1. Ilaria

      La domanda è: perché la donna tiene di più alla tana? Forse perché sin da piccola le hanno regalato aspirapolveri, lavatrici e scope giocattolo? Forse perché le hanno insegnato che è brava se si comporta da “donnina come si deve”? Ecco, non credo che le donne abbiano l’istinto dello strofinaccio, penso che siano più allenate, questo sì. Ma per quello basta la pratica…
      Grazie per tutti i contributi Marco!

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      1. Ilaria

        Sto preparando proprio un pezzo su questo argomento raccogliendo materiali da ricerche di biologi e sociologi… effettivamente ci sono spunti interessanti anche nella direzione della biologia. Ne riparliamo! 🙂

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