Tra le tante polemiche inutili che hanno ruotato attorno al Festival di Sanremo, quella tra Levante e Michela Murgia è l’unica di cui valga la pena parlare, perché offre lo spunto per chiarire il grande equivoco delle quote rosa.
Sulle questioni femminili, questa edizione è stata controversa: la gaffes di Amadeus, il discorso della Jebral, le “fidanzate di” e, infine, la scarsa presenza di donne tra i cantanti in gara. Proprio su questo punto è stata intervistata Levante, che si è pronunciata, in generale, sulle quote rosa con queste parole:
Sono anni che mi spendo per le donne, ma non sono a favore delle quote rosa. Non ci è dovuto un posto per forza, non abbiamo un deficit. Io mi conquisto quello che mi merito e se sono al Festival mi auguro che sia perché la canzone è bella e io sono brava.
Ma cosa sono le quote rosa?
Si tratta di un provvedimento che temporaneamente e in minima parte inserisce l’obbligo di presenza femminile. Serve a riequilibrare le proporzioni con gli uomini laddove la discriminazione di genere impedisce alle donne di abbattere quella barriera invisibile che le ostacola più di quanto avvenga col sesso opposto.
Secondo i detrattori delle quote l’obbligo di dover assumere donne andrebbe contro il concetto di meritocrazia e sarebbe una sorta di discriminazione al contrario. Questa valutazione non tiene però conto di alcuni fattori preliminari.
Tutti noi attiviamo costantemente dei bias cognitivi, cioè dei giudizi (o pregiudizi) che non corrispondono necessariamente alla realtà, sviluppati sulla base dell’interpretazione delle informazioni in nostro possesso. Si tratta in pratica di scorciatoie di ragionamento, che ci aiutano a prendere decisioni più in fretta, basandosi su convinzioni già presenti nella nostra mente.
Una delle convinzioni ancora implicite nella società contemporanea è una forma di superiorità maschile. Per esempio, se facessimo correggere alla stessa persona due esami identici, uno compilato da un uomo e l’altro da una donna, il voto finale attribuito alla donna sarebbe inferiore, perché il cervello di chi valuta applica standard diversi. Succede perché siamo abituati a percepire il maschile come più autorevole e per questo, con più probabilità ci sembreranno meritevoli gli uomini. Questa convinzione è poi alimentata dall’esperienza: se troviamo sempre e solo uomini in posizioni di responsabilità continueremo a credere che siano più bravi. Eppure le statistiche sulle performance scolastiche urlano che non è così, anzi: le ragazze generalmente sono più brave nel percorso di studi.
Insomma, è un cane che si morde la coda: se non ci sono donne al potere aumenta il pregiudizio che siano meno capaci e dunque daremo loro sempre meno chance.
Per uscire da questa spirale, che non mette in gara uomini e donne ad armi pari, è necessario forzare il sistema con una legge: su 10 posizioni aperte il datore di lavoro deve assumere ALMENO tre donne. Con ogni probabilità gli altri 7 posti saranno comunque assegnati a uomini, ma questa imposizione serve a creare dei precedenti, affinché il pregiudizio ceda. Non è la soluzione definitiva, ma un farmaco per guarire una deviazione culturale.
Alla dichiarazione di Levante la Murgia ha risposto così:
Viviamo in un paese che sottovaluta o nega il merito delle donne. Se vuoi far reggere un sistema misogino in eterno infila una donna in ogni selezione e sarà lei a difendere il sistema dicendo alle altre “io ci sono e sono brava quindi forse siete voi che non ci avete provato abbastanza. Oggi, cara Levante, quella donna funzionale sei stata tu.
Levante, come molti, ha espresso un’opinione su qualcosa che forse non conosceva a fondo e che, pur in buona fede, l’ha resa una inconsapevole maschilista. Potrebbe non essere un provvedimento adatto a Sanremo, ma l’interpretazione che ne ha dato la cantante è certamente fuorviante rispetto al senso delle quote rosa. Ignorare non è una colpa, ma rinunciare alla comprensione sì.
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