Se le donne vogliono davvero cambiare la società la devono programmare, non possono perdere l’occasione di scrivere il codice del futuro.
Internet ha cambiato il mondo, i social network hanno modificato le relazioni umane e l’intelligenza artificiale sta radicalmente mutando il modo di diagnosticare malattie, progettare veicoli, comunicare, o ascoltare musica.
Partecipare alla quarta rivoluzione industriale è un’incredibile opportunità sociale ed economica, ma solo il 14% delle donne lavora in campo informatico, tradizionalmente considerato “da uomini” e solo 12 su 1.000 scelgono materie scientifiche per il proprio percorso di studi.
E così, mentre le aziende IT cercano disperatamente dipendenti, in Italia quasi una donna su due non trova lavoro e il 38% ha un part time involontario.
Non sappiamo in quale campo esploderà del tutto l’intelligenza artificiale, ma le tecnologie esponenziali sono già al servizio della persona: dalla diagnostica oncologica, al servizio clienti automatico, dagli assistenti virtuali come Siri, Cortana o Google fino ai suggerimenti di acquisto quando facciamo shopping online.
L’intelligenza artificiale viene progettata per poter imparare dalle circostanze: un set di informazioni base viene impostato affinché la macchina, il programma, possa apprendere grazie alla logica. Se nelle informazioni base ci sono bias cognitivi, stereotipi errati, questi verranno radicati, se le informazioni base non contengono alcune variabili, le trascureranno.
Questi pregiudizi sono già realtà nei sistemi informatici: provate a cercare su Google immagini “amministratore delegato” o “CEO”. È un ruolo ricoperto dal 33% di donne, ma tra i risultati troverete una platea quasi esclusivamente maschile.
Le donne non possono delegare la progettazione del futuro agli uomini e la loro voce è importante per scrivere codici che tengano conto delle esperienze e dei bisogni femminili.
Perché così poche donne programmano?
Secondo la psicologa Carol Dwek è un problema di mindset, mentalità.
Se una ragazza è brillante a scuola, al termine del ciclo di studi gli insegnanti suggeriscono un percorso umanistico, “da donne”. A uno studente in gamba propongono materie scientifiche, “da uomo“.
Inoltre, le donne soffrono di un deficit di coraggio perché viene insegnato loro ad essere scrupolose, perfezioniste e, per educazione, non osano. Se non sono sicure al 100% di ciò che stanno facendo si danno per vinte, perché considerano l’eventuale errore un motivo di vergogna. Quindi, per esempio, si candidano solo agli annunci di lavoro in cui compiono il 100% dei requisiti, mentre gli uomini si propongono anche con poco più della metà delle caratteristiche richieste.
Progettare un sistema di assistenza è creativo e molto più “da donne” di quanto ci sia stato inculcato. L’informatica, la scienza e le tecnologie sperimentali sono un volano di libertà che le donne devono cogliere, uno strumento per esprimersi e restituire al mondo un contributo.
Proprio per colmare il digital gender gap sono nate le Community Donne 4.0 e la fondatrice, Darya Majidi, ci ha raccontato il suo percorso e pensiero.
Classe 1968, di origine iraniana, si è laureata a Pisa in Scienze dell’informazione quando l’informatica sembrava ancora futuro remoto, e si è poi specializzata in Intelligenza Artificiale. A 28 anni era imprenditrice, di quella che oggi chiameremmo una start up digitale.
È sempre stata attivista: dapprima Presidentessa del Gruppo Giovani di Confindustria Livorno e poi Vice Presidentessa della Confindustria livornese, fondatrice del Club degli Innovatori e Assessora alla Semplificazione e allo Sviluppo Economico, sempre a Livorno. Nella comunità crede e per il bene comune si è sempre spesa.
A 30 anni ha iniziato a notare di essere l’unica donna ai tavoli di lavoro, a 40 l’isolamento è diventato una certezza e a 50 ha deciso che bisognava intervenire per far emergere la potenzialità delle donne.
E così è diventata una femminista tecnologica, ha deciso di supportare altre donne nella costruzione di una reale parità nella vita sociale, politica ed economica utilizzando le tecnologie e gli strumenti digitali come leve strategiche per l’empowerment e la leadership femminile.
Per prima cosa ha scritto un libro, “Donne 4.0” e poi ha costruito una rete specializzata al servizio delle donne.
Community Donne 4.0 è una rete femminile per far emergere e potenziare talenti e competenze. Le ambasciatrici organizzano circoli, webinar e seminari per supportare il cambiamento della cultura esistente e, attraverso il digitale, raggiungere parità e equità per le donne. I temi trattati spaziano dalle tecnologie abilitanti all’agile, all’intelligenza emotiva, fino al personal branding. La rete cresce attraverso eventi nelle principali città italiane (online e offiline) e tramite le pagine ed i gruppi Facebook e LinkedIn.
Donne 4.0 è un progetto professionale, di formazione, dedicato al mondo del business. Propone corsi e seminari per sviluppare empowerment, leadership, competenze manageriali e fornire alle donne strumenti per interpretare i cambiamenti economici e tecnologici in corso.
Imprenditrici 4.0 è un progetto dedicato esclusivamente all’imprenditoria femminile. Attraverso corsi di formazione, gestiti da imprenditrici e professioniste, supporta la nascita e l’implementazione di nuove idee e lo sviluppo di competenze specifiche.
Secondo Darya servono azioni concrete: l’emancipazione passa necessariamente dal potere economico e il fatto che le donne stiano ignorando un mercato così ricco di opportunità, a causa di un pregiudizio, è uno spreco inaccettabile.
Il mondo della tecnologia offre lavori ben pagati, creativi, e ha un gran bisogno delle soft skills considerate tipicamente femminili: empatia, leadership partecipativa, comunicazione aperta, capacità di lavorare in gruppo e il multitasking.
E dunque quello di Darya è in invito a incoraggiare le ragazze a essere coraggiose, non perfette. A smetterla con le bugie sull’informatica: non è da uomini, non richiede conoscenze inaccessibili alle donne e infine, a ricordare che è importante sfatare il mito che le donne debbano scegliere tra la famiglia e lavoro. Si può fare impresa senza rinunciare alla realizzazione personale. Gli uomini lo fanno da sempre…
Le donne possono e devono reclamare un ruolo nella società, occupare ruoli manageriali, diventare le role model di cui tutti abbiamo bisogno per cambiare davvero il mondo. Insomma, donne 4.0.
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