La sessualità e l’approccio al sesso, costruiscono la nostra identità. Soprattutto in adolescenza, la scoperta dell’erotismo è un momento di gioco e sperimentazione in cui la curiosità fa da traino. Le donne sono più consapevoli che in passato, hanno affrontato alcuni dei tabù storici, soprattutto legati al doversi dimostrare miti e sottomesse, al timore di provare un orgasmo o di soddisfare i propri desideri.
Tutto sembra essersi risolto per il meglio… dunque siamo emancipate! E invece no.
Come spiega la ricercatrice Peggy Orenstein, autrice del libro “Girls and sex”, la sessualità tra le ragazze è ancora pregna di convinzioni errate e pregiudizi.
Il nostro linguaggio e il modo in cui vediamo il mondo sono strettamente connessi, evitare di nominare qualcosa lo rende nascosto, oscuro, una fonte di vergogna e con le parti intime femminili questo avviene costantemente. Nello spiegare alle bambine come è fatto il corpo, si privilegiano vezzeggiativi: il fiorellino, la farfallina…
Il nome corretto – vulva – è spesso ignoto o addirittura fonte di vergogna.
A questo tabù lessicale si aggiunge il fatto che il modo in cui parliamo di sesso – e il modo in cui le generazioni passate ne hanno sempre discusso – è particolarmente incentrato sulla valorizzazione del piacere maschile. Quello femminile appare accessorio, non se ne parla e quindi non esiste. Le donne vivono ancora immerse nella retorica aspettativa di essere angelicate, miti di purezza e vergini, altrimenti non sono brave ragazze.
Il mito della purezza viene rafforzato con il suo opposto terrificante: lo stigma della puttana. Nel linguaggio scurrile la donna viene sempre appellata con riferimenti alla sua condotta sessuale (troia, puttana e tutti i regionalismi annessi). Gli uomini non devono mai rendere conto della morale, se non di quella della propria madre: ancora una volta è la donna oggetto di giudizio (figlio di puttana),
E così moltissime ragazze si vergognano di chiedere al partner di ricambiare il sesso orale. Il loro piacere è incentrato sulla felicità dell’altro: se a lui piace sono soddisfatta.
Ciò che emerge dalle ricerche, e che Orenstein sottolinea anche in una TED Talk, è la diversa percezione del diritto al piacere: non è raro, per esempio, che ragazze moderne, istruite, figlie del proprio tempo, accettino di sottoporsi a pratiche sessuali che dichiarano di non trovare piacevoli.
Addirittura, per molte ragazze il rapporto è considerato soddisfacente se esclude il dolore.
Significa che molte donne considerano ancora il dolore non come la spia di un potenziale problema – infezioni, vulvodinia, vaginite – ma come qualcosa di normale, standard. E questo ci da’ la misura di quanto siano lontane da quella che si dovrebbe considerare una vita sessuale piacevole.
Il femminismo è riuscito a fare numerosi passi avanti negli ultimi decenni, ma dobbiamo ancora lavorare molto su tabù e pregiudizi, promuovendo l’educazione sessuale ma anche il linguaggio, che modula il nostro pensiero. Così potremo, cambiare il mondo e renderlo un luogo di piacere anche per le donne.