Emma Holten è una ragazza danese, che a 16 anni ha inviato al suo ragazzo delle foto in cui era nuda. Quattro anni dopo qualcuno ha violato il suo account email, ha preso quelle foto e le ha pubblicate online insieme ad alcuni suoi dati personali, incitando altri uomini a molestarla. La sua vita è cambiata.
Immagini o video sessuali sono sempre più frequentemente pubblicati online, senza consenso, spesso da ex-partner emotivamente incapaci di accettare la separazione.
Si tratta di pornografia non consensuale, detta anche Revenge Porn, perché utilizzata come forma di vendetta (in inglese revenge) verso chi ha terminato la relazione.
Durante il lockdown le associazioni che si occupano di assistenza alle vittime di Revenge Porn hanno segnalato un preoccupante incremento di casi, che coinvolgevano donne e minorenni.
In Europa 9 milioni e mezzo di ragazze hanno subito una forma di violenza online prima dei 15 anni, si tratta di un problema globale e il caso Telegram, emerso da poche settimane, è solo la punta dell’iceberg.
In questo video della Thomson Reuters Foundation, sottotitolato dalla rivista Internazionale, l’attivista Emma Holten racconta la propria esperienza, per supportare le vittime che stanno vivendo questa esperienza di violenza e umiliazione.
In Italia il Revenge Porn è diventato reato a luglio 2019 con l’articolo 10 del decreto legge n. 69, che punisce chiunque, essendo in possesso di contenuti sessualmente espliciti, li diffonde, pubblica o cede senza il consenso delle persone ritratte.
La legge prevede da uno a sei anni di carcere e una multa da 5.000 a 15.000 euro. La pena è aumentata se i fatti sono commessi da un ex-partner e se la diffusione avviene online.
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