La lingua italiana non ha dubbi sul genere delle parti anatomiche. Pene e i testicoli sono maschili, vagina e tube di Falloppio femminili. Ampliamo lo sguardo: gambe e mani sono femminili, il petto è maschile, come cuore, collo…
E il clitoride? O la clitoride?
È un organo piccolo, ma fondamentale. Grande come un bottoncino, almeno per la parte visibile, ma ricco di ricezioni nervose e designato ad un unico, importantissimo scopo: portare le donne all’orgasmo.
È un organo eccezionale sin dalla sua denominazione e persino gli asettici vocabolari sono incerti: la grammatica lo vorrebbe al femminile, quindi LA clitoride. Il Dizionario della Crusca lo considera sostantivo femminile sin dalla prima volta in cui fu catalogato, nel 1729. Col tempo però si è imposta la dicitura al maschile e la conoscenza comune lo declina principalmente così. Oggi entrambe le versioni sono accettate.
Ma anche se il nome ha quasi tre secoli, la storia del clitoride è molto recente. Per secoli, complice la mentalità patriarcale, il clitoride è stato semplicemente ignorato – nessuno ne sospettava l’esistenza. Un ritardo sintomatico della scarsa attenzione all’anatomia e al piacere femminile.
Il disinteresse per l’appagamento femminile si riflette anche in campo artistico, sociale e religioso. Le statuette raffiguranti la Madre Terra ponevano l’accento su caratteristiche riproduttive. Le abbiamo viste tutti almeno una volta, e saltano subito all’occhio i fianchi prosperosi, i glutei abbondanti, il seno prominente. Tutti riferimenti alla procreazione e alla fertilità, ma che non danno nessuna valenza al piacere sessuale.
Questo non avviene con le controparti maschili, che hanno sempre avuto raffigurati i propri organi genitali in modo accentuato, con vistose erezioni, correlando la capacità riproduttiva alla potenza sessuale.
Alle donne è toccato aspettare il ventesimo secolo per sentire parlare del piacere sessuale (e altri 50 anni per vederlo poi legittimato).
Eppure, qualche avanguardista c’è stato.
Fu Galeno, medico nato nel 129 d.c., a sostenere per primo che il corpo maschile e femminile fossero identici, e che l’uomo avesse solo gli organi riproduttivi all’esterno del corpo anziché all’interno.
Purtroppo, questa precoce intuizione non è stata raccolta per secoli e la scoperta del clitoride da parte della scienza medica avverrà solo nel 1559, e sono due italiani i medici che ne rivendicano la scoperta: Realdo Colombo e Gabriele Falloppio.
Anche Freud si è occupato del clitoride e con ingeneroso giudizio ha sostenuto che l’orgasmo clitorideo fosse immaturo, a differenza di quello vaginale segno di una compiuta maturazione della donna.
Dobbiamo arrivare al 1953 perché il clitoride possa rivendicare con orgoglio la propria importanza, quando il dottor Alfred Kinsey lo battezzò “il centro del piacere femminile”.
Ma la strada è ancora lunga: siamo negli anni 90 quando l’urologa australiana Helen O’Connell inizia a dedicare i suoi studi all’approfondimento dell’anatomia del piacere femminile. La studiosa aveva infatti notato quanta disparità ci fosse tra gli studi dedicati al pene e quelli dedicati alla vagina. Ed è grazie a lei se oggi abbiamo molte informazioni in più su questo piccolo e importantissimo organo. Un ritardo clamoroso che dice molto sulla scarsa considerazione di cui ha goduto la sessualità femminile. Che lo si chiami “il” o “la”… l’importante è occuparsene. Finalmente.
In copertina – GOA – Venere di Willendorf