Aiuto, che ansia!

Le donne soffrono di ansia più degli uomini, lo dice uno studio dell’università di Cambridge. Preoccupazione costante, stress e tensione nervosa sono tra i più comuni disturbi psichiatrici del mondo occidentale: negli Stati Uniti ne soffre il 18% della popolazione e in Europa oltre un milione di persone si rivolge per questo a terapisti.

L’ansia influisce sulle aspettative di vita, sulle condizioni economiche e sanitarie di chi ne soffre e può persino diventare invalidante. Nell’ultimo decennio siamo diventati più consapevoli delle correlazioni tra il benessere psicologico e quello fisico e diversi Stati hanno iniziato a indagare i costi sociali che questi disturbi implicano: nelle forme più acute o non trattate è infatti frequente riscontrare abuso di sostanze, impossibilità di lavorare o intrattenere relazioni sociali.

La tendenza dagli anni ’90 ad oggi non è cambiata e gli studi mostrano che l’ansia resta un disturbo diffuso nelle stesse percentuali, ma si è abbassata l’età media di chi ne soffre e c’è un forte squilibrio di genere.

Le donne sotto i 35 anni hanno quasi il doppio delle probabilità di essere colpite dall’ansia rispetto agli uomini, soprattutto in Europa e Nord America.

Per i sintomi più blandi influiscono in parte alcuni fattori biologici, per esempio gli sbalzi d’umore causati dalle fluttuazioni ormonali del ciclo. Per alcuni momenti di picco hanno invece peso i grandi cambiamenti e le scelte radicali, come per esempio le gravidanze, che generano timori.

Un’altra ragione di questo gap tra uomo e donna è il maggior rischio di sopraffazione fisica. Il timore di abusi è causa di disturbi d’ansia e, per le vittime di violenza fisica o psicologica, la correlazione è scientificamente provata: a livello neurologico si registra una maggiore irrorazione sanguigna nell’ippocampo, la parte del cervello coinvolta nell’elaborazione delle emozioni.

Ma mettendo per un momento da parte i gravi traumi o le situazioni più delicate, che certamente richiedono analisi e approfondimenti individuali, dagli studi di settore emerge con forza la correlazione tra insicurezze femminili e stati ansiosi. Le donne, più degli uomini, si sentono sole, in affanno e non capite.

Ma perché le donne hanno un bisogno più radicato di sentirsi capite?

Le aspettative sulle donne sono altissime: angeli del focolare, madri impeccabili e al contempo donne emancipate, che costruiscono carriere brillanti. Devono essere esteticamente perfette, curate, toniche e allenate, ma non eccessivamente sportive per non mascolinizzarsi e non sottrarre tempo alla famiglia o all’intelletto. Devono essere sexy ma non aggressive, devono sapersi “tenere un marito” ma non essere troppo materne, essere brave ragazze, ma collezionare esperienze che le rendano interessanti…

E tutto questo in un contesto in cui il sessimo diffuso crea ostacoli alla carriera, subliminalmente ricorda alle donne che se pensano a sé stesse non sono brave madri e se si trascurano non sono brave mogli. Se poi non sono né mogli, né madri sono tacciate di egoismo a prescindere e viene costantemente ricordato che la loro vita è in fondo incompleta o sono, in qualche modo, sbagliate.

In questo quadro culturale iper stressante l’appoggio dell’altro sembra salvifico: il sostegno serve a rafforzarsi per sostenere le pressioni sociali e riuscire a non sentirsi inadeguate su ognuno dei fronti a cui si è esposte. La comprensione di partner, un amico o un famigliare, rende la relazione un’oasi di pace, ma genera anche un perfetto punto di innesto dell’ansia.

È fondamentale che le donne interiorizzino la propria forza e superino le insicurezze con propri strumenti emotivi.

È difficile, dopo secoli di indottrinamento sul sesso debole, ma rinforzarsi nelle proprie convinzioni e capacità è il primo passo da compiere. Gli strumenti per farlo sono molteplici: il supporto psicologico, l’attività sportiva, ampliare il proprio bagaglio culturale o coltivare aspetti più creativi di sé…

Se nella vita ci si sente sempre in affanno, non all’altezza, indietro rispetto agli obiettivi, se non ci sono progetti da coltivare o sono fallite le aspettative, facilmente emergono sentimenti di rabbia e insoddisfazione, fonti di ansia e depressione.

I sogni irrealizzati si trasformano in senso di ingiustizia, ci si sente sotto attacco, giudicati e, per difesa, si tende a rispondere con aggressività o si culla un desiderio di isolamento. Ci si chiude in interessi personali che escludono l’altro, si tende a dare colpa al partner o agli affetti, che sarebbero incapaci di comprensione, poco disponibili, senza mai mettere in discussione atteggiamenti propri, che possono essere parte del problema.

Una ricerca del 2006 ha dimostrato, per esempio, che le persone ansiose saltano troppo in fretta alle conclusioni, applicando del pregiudizio a piccoli segnali corporei, come un movimento del sopracciglio, una pausa nel rispondere… e questa ipersensibilità genera relazioni più conflittuali.

Partner, amicizie e affetti sono importanti e aiutano a sconfiggere il potente nemico Solitudine, ma non possono sostituire un percorso personale tout court.

Per uscire da questa spirale di ansia le donne hanno bisogno di una società più giusta – e anche per questo il femminismo è importante – ma non solo: servono coraggio, il supporto di esperti, una rete di affetti e soprattutto capacità di ascoltarsi.

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